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martedì 19 ottobre 2010

IL CORSIVO - Lex ad latitudinem

Nell'Italia che prescrive la Tessera del Tifoso per andare allo stadio, come fosse un aspirina da prendere quando si ha un raffreddore, un manipolo di selvaggi ultranazionalisti serbi è stato libero di mettere a ferro e fuoco Genova, spadroneggiare sugli spalti del "Ferraris" danneggiandone strutture e dotazioni, bloccare una gara internazionale e proseguire poi, come nulla fosse successo, nell'opera vandalica lasciata a metà. Tutto questo senza che nessuno abbia ammesso in pieno le proprie responsabilità.

Tutto il mondo è Paese. Le avvisaglie di ciò che poteva succedere si erano già riscontrate alla fine della gara persa dalla Serbia contro l'Estonia, venerdì scorso, e nelle sommosse anti Gay-Pride di Belgrado, registratesi domenica. Un capitombolo interno contro tale Estonia e una libera e pubblica manifestazione, sono state, conti alla mano, il "casus belli" che ha dato il via al sacco di Genova da parte di un gruppo di pseudo-tifosi di stampo politico, con a capo l'uomo mascherato, tale Ivan Bogdanovic.

Tralasciamo lo stucchevole scaricabarile tra autorità politiche e federali italiane e serbe. Ciò che sconcerta è la differenza d'applicazione della stessa legge, a seconda delle diverse latitudini. Com'è possibile che dai Balcani non ci sia stata una segnalazione alle autorità italiane sull'esodo di alcuni loro connazionali verso il "Ferraris"? E com'è possibile che le autorità italiane non avessero, per conto proprio, preso informazioni su alcune caratteristiche della tifoseria serba? E com'è possibile che nel settore ospiti siano entrate, nell'ordine, cesoie, coltelli, petardi, bengala, bombe carta e carinerie varie? E come mai, ad un cittadino-tifoso qualunque, vengono sequestrati (come succede al Via del Mare di Lecce, ad esempio) le aste delle bandierine eccedenti una determinata misura, i tappi delle bottigliette d'acqua, gli accendini e gli ombrelli? E l'embargo su sciarpine e magliette con scritte ultras? Tutto questo, succede forse in tutti gli stadi d'Italia, ogni maledetta domenica? Ci si permetta di dubitare.

E' evidente che in Italia, ma non solo, vige anche l'applicazione dei controlli differenziati "ad latitudinem".


Marco Montagna
salentosport.net
14.10.2010

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