La Corte di Giustizia Federale, presieduta dal dr. Giancarlo Coraggio, ha respinto il ricorso presentato dalle neopromosse Lecce, Cesena e Brescia contro il cosiddetto "prelievo forzoso", ossia la quota, pari a 2,5 milioni di euro, che ciascuna delle suddette società dovrà versare nelle casse delle squadre partecipanti all'Europa League.
"Esterrefatto" si dichiara il vice presidente del Lecce, Mario Moroni, che, insieme all'avv. Gianluigi Pellegrino, rappresenta le tre società coinvolte:
"Andremo avanti nella nostra battaglia in sede sportiva, per cercare di ripristinare un'equità che era nella ratio della Legge Melandri" - ha dichiarato il dirigente giallorosso.
Le linee guida della Legge Melandri parlano di ripartizione degli introiti derivanti da vendita dei diritti radiotelevisivi da suddividere in modo tale da assicurare "assoluta equità, trasparenza e non discriminazione". Dalla vendita dei diritti (si parla di una cifra che si aggira sui 900 milioni di euro per la stagione in corso), la Legge prevede la decurtazione di una quota pari al 6% da destinare alle serie minori e di un altro 4% da devolvere ad una Fondazione che investa sullo sviluppo dei settori giovanili e sulla sicurezza di impianti e infrastrutture sportive. Della fetta restante, il 40% andrebbe suddiviso per tutte le società di A, il 30% proporzionalmente ai clubs che hanno riportato i migliori risultati sportivi (stabilito secondo alcuni complicati calcoli che tengono conto dei piazzamenti di ogni squadra a partire dal dopoguerra, di quelli riportati nell'ultimo quinquennio e di quello dell'ultima stagione) e il restante 30% assegnato secondo l'importanza dei bacini d'utenza.
Oltre alle suddette mutualità, la Lega Calcio obbliga le neopromosse a versare un incentivo di 2,5 milioni di euro nelle casse di Juventus, Palermo e Napoli, come incentivo a non sottovalutare l'ex Coppa Uefa. Meccanismo definito da Moroni "una clamorosa ingiustizia" tanto che Lecce, Cesena e Brescia sono pronte a rivolgersi al Tribunale Nazionale di Arbitrato sportivo, non escludendo, in extrema ratio, la violazione della clausola compromissoria ed il ricorso, di conseguenza, ad un tribunale ordinario.
Marco Montagna
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16/9/2010
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